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‘U Vizzarru

‘U Vizzarru

Malottocento calabrese - La breve tragica storia del brigante Ciccio Moscato detto 'U Vizzarru e della baronessa Felicia De Santis.

regia Pino Michienzi
scene Anna Maria De Luca
costumi Anna Maria De Luca
musiche Silvano Spadaccino
orchestrazione Alfredo Paonessa

vizzarru 11

La storia del brigante Francesco Moscato, detto ‘u Vizzarru, nato a Vazzano nel 1774, è la storia tragica e affascinante di uno dei più feroci capimassa calabresi. Di quest’uomo, passato alla storia come il più temerario e il più accanito antifrancese, fedele al Re borbone Ferdinando IV, si è scritto molto. Ma la leggenda del Vizzarro, ha trovato in Sharo Gambino, il più attento e il più storicamente credibile fra gli scrittori che a questo personaggio si sono avvicinati. Nel 1980 Pino Michienzi è il protagonista dello sceneggiato radiofonico scritto in 14 puntate da Gambino e trasmesso dalla RAI.

E proprio al romanzo di Gambino, Michienzi si è rifatto con un originale liberissimo adattamento, nel quale hanno trovato spazio anche le ballate, le serenate, le rumanze popolari musicate da Silvano Spadaccino che ci restituiscono, attraverso il filtro della favola, le terribili imprese del brigante.
La storia rappresentata è compresa tra il 1799 e il 1811, dalla cacciata dei Borboni all’insediamento dei francesi, dalla restaurata repubblica partenopea al ritorno di Giuseppe Napoleone e in seguito di Gioacchino Murat.

I baroni De Santis, grandi proprietari terrieri e seguaci del cardinale Ruffo, a quel tempo sostenitore del cattolicissimo Re, per non frazionare la proprietà, si erano opposti, per l’ennesima volta, al matrimonio della sorella Felicia con un tale Carlisano di Pìzzoni. Per ritorsione la donna, stanca dei continui soprusi dei fratelli, circuì un garzone al servizio della sua famiglia, appunto ‘u Vizzarru, e divenne la sua amante. Frutto di questa tresca fu un figlio, fatto sparire dai suoi familiari e della cui fine nessuno seppe niente. La storia che ne seguì, orribilmente sanguinosa, è anche una testimonianza importante di quel periodo storico quando le campagne calabresi erano infestate da briganti e manutengoli, a cui cercarono di mettere fine le leggi murattiane.

La baronessa Felicia morirà impazzita di dolore in un ospedale di Napoli, dopo che Vizzarro aveva concluso la sua vendetta con l’uccisione dei fratelli De Santis nella chiesa di Vazzano e a cui fece seguito la morte di un’altra figlioletta soffocata dall’amante, dovuta al timore di una rappresaglia dei francesi nei boschi di Monteleone. Lui, ‘u Vizzarru verrà ucciso, nel sonno, da una donna, Nicolina, che era divenuta in seguito sua amante.

La scelta di rappresentare questo testo, è motivata dal fatto che il Teatro del Carro, operante sul territorio da vent’anni, ha sempre voluto proporre autori e accadimenti di Calabria, per sostenere la propria identità culturale e non dissipare la memoria storica, che significa anche recupero dell’idioma puro, non contaminato da pseudo dialetti che, nel tempo, ne hanno deviato la natura, ricca, al contrario, di derivazioni greco-latine, di spagnolismi, di francesismi e dei più affascinanti fonemi arabo-normanni. Ed è questo, appunto, che il testo vuole esprimere, anche attraverso il recupero del dialetto attraverso le ballate, le serenate e le rumanze popolari, usate dai cantastorie, ultimi affascinanti menestrelli del Sud.

E’ la storia che contiene la fiaba, e la fiaba che contiene la civiltà del popolo e, quindi, la sua stessa storia.
Partendo da questi presupposti, si è ricreata un’atmosfera d’inizio Ottocento, con scena fissa, creata da Anna Maria De Luca, che ha curato anche i magnifici costumi con la collaborazione di Diego Verdegiglio, nella quale si possono leggere l’ambiente borghese di casa De Santis, circoscrivere quello militare del Presidio di Monteleone con le relative carceri e delimitare il bosco delle Serre, regno assoluto dell’imprendibile Vizzarro.
I dodici attori interpretano ventitre ruoli, trasformandosi, con grande destrezza, negli straordinari personaggi della vicenda.

Teatro, dunque, per conoscere meglio la propria terra? Certo! Proprio perché pretende, nei suoi contenuti, la possibilità di migliorare le condizioni del sapere e il sentimento civile.
Le scelte del Carro sono legate alla storia della terra, binomio inscindibile. Ed in questo serrato rapporto è d’obbligo l’inserimento del teatro popolare, inteso nella sua precisa accezione di teatro di cronaca e di avvenimenti, che è storia essenziale del popolo, non identificabile con la farsa dialettale, che condurrebbe a spettacoli da baraccone, sufficienti appena a soddisfare pruriti di vanità provinciale.

Crediamo che attraverso i canali della severa ed esperta pratica teatrale che esprimono la grande poesia, quando essi non sono contaminati da interessi di natura diversa, si possa accedere, senza retorica, nella giusta misura, pur se con molta fatica, alla condizione suprema dell’Arte.
Nell’estate 2003 Pino Michienzi scrive questo spettacolo teatrale, tratto liberamente dal romanzo Vizzarro di Sharo Gambino del quale era stato protagonista in 14 puntate radiofoniche trasmesse dalla Rai nel 1980. Lo spettacolo piace molto al pubblico e le critiche sono eccellenti. Le musiche sono di Silvano Spadaccino. La regia di Pino Michienzi.

Crediamo che attraverso i canali della severa ed esperta pratica teatrale che esprimono la grande poesia, quando essi non sono contaminati da interessi di natura diversa, si possa accedere, senza retorica, nella giusta misura, pur se con molta fatica, alla condizione suprema dell’Arte.
Nell’estate 2003 Pino Michienzi scrive questo spettacolo teatrale, tratto liberamente dal romanzo Vizzarro di Sharo Gambino del quale era stato protagonista in 14 puntate radiofoniche trasmesse dalla Rai nel 1980. Lo spettacolo piace molto al pubblico e le critiche sono eccellenti. Le musiche sono di Silvano Spadaccino. La regia di Pino Michienzi.

Lo spettacolo viene replicato per otto serate riscuotendo enorme successo di pubblico e di critica, evento che si verifica anche l’anno successivo, il 2004, con 9 applauditissime repliche.