Crucifige !

Crucifige !

Crucifige !

scritto diretto e interpretato da Pino Michienzi
con Anna Maria De Luca

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“CRUCIFIGE!” è Teatro religioso di altissima fattura che ripercorre, in lingua e dialetto, tutta la Settimana Santa dalla domenica delle Palme con l’entrata di Cristo in Gerusalemme, fino alla sua Crocifissione Morte e Resurrezione.
Lavoro tenace, paziente e di approfondita ricerca filologica, soprattutto per la non facile ricostruzione di drammaturgia a-temporale dei molteplici linguaggi usati che scandiscono epoche diverse e attraverso cui gli autori Pino Michienzi e Luca Maria Michienzi hanno tentato di superare banali e approssimative interpretazioni.

 

Tuttavia, se lo spirito della mise en scène resta popolare così come dev’essere, non di meno si è voluto miscelare il teatro di parola come espresso dai Laudari umbri del 1200-1300, con l’eccellente lingua dei Vernacolari calabresi, molti dei quali anonimi e risalenti al diciottesimo secolo, che hanno saputo tradurre in meraviglioso canto la Via Crucis di Cristo.

 

Due, fra tanti, gli elementi di rilievo: il canto e la poesia popolari che, associati a uno spettacolo assolutamente rigoroso per forma e contenuto, aiutano lo spettatore a immergersi totalmente nell’humus della propria terra con un sentimento universale di pace tendente a recuperare soprattutto il senso di appartenenza medianica che è dominio di tutti i popoli ai quali la storia di Cristo appartiene.

 

Anche antropologica, pertanto, deve ritenersi questa Passio, che se per definizione appartiene al mondo intero, per individualità etnica appartiene anche alla nostra terra che l’ha esaltata attraverso la mediazione della poesia popolare calabrese.

 

Operazione più fortemente qualificata se si pensa che tutto il testo, nella sua compiutezza, si avvale di Jacopone da Todi con il commovente Pianto della Madonna, di Giovanni Testori, di Giuseppe Berto, di Vittorio Sorrenti, di F. Gian Bruzio e di Pino e Luca Maria Michienzi, i quali ultimi, nella fase di impostazione drammaturgica, hanno fatto emergere gli aspetti più significativi, quali la Mestizia e il Dolore, che pervadono tutta la sacra rappresentazione restituendocela infine con la la Gioia e la Gloria del Cristo risorto.

 

Celebrazione del mistero della Passione Morte e Resurrezione di Cristo, questo originale allestimento vuole essere una straordinaria occasione per ritagliare nei percorsi della vita di tutti i giorni lo spazio per un’esperienza di “bellezza” intesa come occasione di arricchimento e rinnovamento interiore.

 


Non è quindi solo semplice “Rappresentazione” della più famosa e tragica storia di tutti i secoli, ma si nutrirà dei più alti contenuti morali, proprio perché ammette la possibilità di migliorare le condizioni del sentimento civile.

 


Ed è proprio nel serrato rapporto tra barbarie ed eticità, tra violenza e integrità, tra amoralità e rettitudine, che questa rappresentazione va intesa, cioè nella precisa accezione di teatro popolare di accadimenti terreni misti a sentimenti religiosi, che è storia naturale ed essenziale degli uomini e quindi del popolo.

Coefore

Coefore

Coefore

regia di Pino Michienzi
aiuto regia Luca Maria Michienzi
scenene costumi Mananà & Roby 4P
maschere Anna Maria De Luca
musiche Amedeo Lobello
soprano Giovanni Massara
sartoria Progetto Pon 3 2b Einaudi
grafica Gilda Scopelliti
segreteria Co.Te.Car Alessia Traversini
segreteria organizzativa Einaudi Antonella Leuzzi
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Lo spettacolo “Coefore” di Eschilo, curato da Pino Michienzi, Anna Maria De Luca e Luca Maria Michienzi, per i ragazzi dell’Istituto “Einaudi” di Catanzaro ha partecipato alle rassegne di Palazzolo Acreide (SR), di Altomonte (CS) e Politeama di Catanzaro tra maggio e giugno 2007.

Cicco ovvero ai piedi dell’arcobaleno

Cicco ovvero ai piedi dell’arcobaleno

Cicco ovvero ai piedi dell’arcobaleno

regia di Pino Michienzi

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Tratto da una novella del poeta dialettale Achille Curcio, scritto da Silvano Spadaccino e Pino Michienzi lo spettacolo, andato in scena per la prima volta nel 1987, narra le vicende di Cicco, lo scemo del paese: piccolo mondo antico inteso come grande storia regionale di usi, costumi e tradizioni. Il vecchio e il nuovo a confronto. Quale il meglio, non ci è dato sapere, se “progresso” vuole dire abolizione di un modus vivendi: focolare, caldarroste, albero della cuccagna, ninna-nanna, ricordi, padre, madre, pescatori, fame, storia personale di Cicco. Emigrare allora?… forse.
Il poeta si rifiuta, resta nel suo paese vicino a Cicco, oramai moribondo, a perpetuare parole e azioni, testimone di un tempo che tenta di cancellare la sua stessa storia, notaio di ricordi, scritti forse vicino all’eterno e inconsumabile mare… ai piedi dell’arcobaleno!
Lo spettacolo è stato rappresentato con ottimo successo di critica e di pubblico nella Rassegna Nazionale di Teatro di Confluenza “ILTEATRO IMPAZZA IN PIAZZA” organizzata dalla Oscot & Co. di Torino e svoltasi a Moncalieri dal 7 al 18 giugno 1989.
La Compagnia rappresentava la Calabria.

Catanzaru catarra battenta

Catanzaru catarra battenta

Catanzaru catarra battenta

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Omaggio alla città di Catanzaro.
Dal meraviglioso brano di Luigi Settembrini sulla città, si snodano le testimonianze di notissimi autori dialettali e non, compreso il capolavoro di Giovanni Sinatora, CATANZARU. Lo spettacolo, a tinte forti, si chiude con STORIA D’AMORE TRA RACHELE DE NOBILI E SAVERIO MARINCOLA conclusasi con la morte tragica del giovane Saverio assassinato dai fratelli di Rachele. 
Cinque attori e due musicisti, molte repliche, anche nella Villa Comunale di Catanzaro.

A testimoniare l’attenzione che il Carro presta per la divulgazione dell’arte teatrale nelle scuole, l’11 giugno 1988, in occasione della chiusura dell’anno scolastico, lo spettacolo è rappresentato in forma di recital presso la Scuola Casalinuovo di Catanzaro Lido con la partecipazione degli allievi, preparati da Pino Michienzi durante i mesi precedenti e con un intervento personale dell’attore sulla “Poesia Dialettale del Novecento”.

Canto Nemico

Canto Nemico

Canto Nemico

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Franco Costabile, figlio di Calabria, tormentato e sfortunato.
Istinto poetico incisivo è il suo, che si manifesta in giovanissima età con tènere filastrocche e semplici versi, nei quali esprime il disagio di essere stato abbandonato dal padre che, partito per insegnare in Tunisia, sceglie poi di non tornare mai più a casa.
Una condizione pesante per un bambino costretto a considerarsi orfano anzitempo e sostegno della madre, e che vive la segreta speranza di rivedere da un giorno all’altro ricomporsi la sua famiglia.
È con sentimenti di inadeguatezza che cresce e studia il giovane Costabile. Tradurrà in poesia la sua pena, le sue angosce, la sua passione, il suo andare e tornare da Sambiase a Roma.
Il paese gli sta stretto, non è capace di contenerlo, di offrirgli cultura, scambi intellettuali, crescita. La città è troppo grande, dispersiva, incapace di accoglierlo umanamente, di prestare attenzione a un animo fragile, introverso, timido.
Ma la sua poesia cresce, diventa forza, denuncia sociale, manifesto politico: dichiarazioni d’amore per la sua terra.
Sposa Mariuccia, insegnante a Brera, ma anche il matrimonio fallisce, schiacciato dal peso di tanta tormentata esistenza che non gli farà vivere serenamente neppure la condizione di padre.
Finisce così per isolarsi, consumato dal dolore che neppure amici come Enotrio, Purificato, Accrocca, Brignetti e tanti altri, riusciranno a lenire. Si spegnerà a Roma nella primavera del 1965.
Franco Costabile sarà dimenticato, specie nella sua terra, dove purtroppo, ancora oggi, in tanti, non conoscono la straordinaria bellezza e la forza evocativa della sua parola.
Proposto teatralmente per la prima volta nel 1986 con il titolo “CANTO NEMICO PER FRANCO COSTABILE” di Vittorio Sorrenti, racconta la vita controversa di questo poco conosciuto ma grande poeta, legato alla sua terra in un conflitto di odio-amore. Emigrato per disperazione intellettuale, la grande Roma lo intimorisce, lo disperde. Molti giovani hanno incontrato, grazie a questa rappresentazione, un loro grande conterraneo, affascinati dalla forza della sua parola soprattutto nei versi sulle lotte contadine, e dalla ironia di alcuni appunti su figure di politici, fino al grande affresco del Canto dei nuovi emigranti, manifesto grandioso sulla questione del Mezzogiorno.
Pino Michienzi che interpretava il ruolo del poeta, ha ricevuto grandissimi consensi in tutta Italia e anche a Zurigo dove, presso la Casa degli Italiani, oltre cinquecento connazionali hanno gremito la sala tributando alla fine una commossa ovazione.

I Canti delle Pietre

I Canti delle Pietre

I Canti delle Pietre

da un’idea di Giancarlo Cauteruccio
voci recitanti Pino Michienzi, Sara Alzetta, Francesco Marino
musiche di Vincenzo Palermo
Orchestra sinfonica del Conservatorio di Cosenza
direttore d’orchestra Donato Sivo

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Si narra di Liside (Pino Michienzi), alunno prediletto di Pitagora che, sfuggito miracolosamente alla violenta annientazione della sua scuola e del suo Maestro, giunge in un rifugio segreto della Locride. Qui incontra altri sei confratelli, anch’essi sfuggiti alla persecuzione della scuola pitagorica e in fervente attesa del “prediletto”.
Assieme daranno vita ad un ultimo rituale della memoria, volto a fissare indelebilmente il pensiero del loro amato Maestro. I suoi pensieri, i suoi insegnamenti, l’essenza stessa del suo cervello, un tempo tramandati tra gli adepti solo localmente, per volontà del Maestro, vengono ora finalmente incisi nelle loro anime prima che nella nuda roccia, affinché possano, quasi come una preghiera, guidarli nella ascesi: i versi aurei, la sintesi sublime dei dettami di Pitagora.

 

Per questo brano in forma di melologo, ora a stretto dialogo con il tessuto orchestrale, ora immerso a solo in una scena immaginaria, è stato fatto riferimento, oltre che alle traduzioni italiane, alla pregevole edizione in versi eumoplici in francese di Antoine Fabre d’Olivet, tradotti a fronte in italiano, che hanno ben incentrata la filosofia estatica e cerebrale di Pitagora. Il riferimento alla incisione dei versi nella roccia non è casuale. Il pensiero corre subito alla tavola smeraldina di Ermete Trismegisto, a cui il testo sembra presagire l’esaltante luminoso finale.

Cabaret

Cabaret

Cabaret

regia di Pino Michienzi
direttore di scena Luca Michienzi
con Pino Michienzi
e con Ettore Capicotto, Manlio Canino, Umberto Nisticò

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Trae linfa dal dialetto calabrese ed evidenzia uno spaccato di vita popolare di enorme valenza culturale. I temi trattati sono quelli identificabili nell’ambito della socialità ma anche di quelli più squisitamente circoscritti nell’area privata e familiare.


Si spettegola della sòcera e si affondano coltelli sulle corna, si infierisce sull’assenteismo e si esulta per il rapimento della moglie e così viain un esilarante divenire di situazioni comiche.

Un Cabaret dialettale di fatti nostrani intravisti nell’ottica del popolo che si identifica in essi e riesce a sorridere e ridere delle proprie disavventure.Oltre 50 recite.

Aspru Munti

Compagnia di produzione Residenza artistica della Calabria

Aspru Munti

Aspru Munti

di Pino Michienzi e Luca Maria Michienzi
regia Pino Michienzi
tratto dal racconto GENTE IN ASPROMONTE di Corrado Alvaro

Compagnia di produzione Residenza artistica della Calabria

Per il cinquantesimo anniversario della morte di Corrado Alvaro

La Compagnia Teatro del Carro, in occasione del 50° anniversario della morte di Corrado Alvaro che cade l’11 giugno 2006, ha nei suoi futuri programmi un progetto teatrale di Gente in Aspromonte ridotto e liberamente adattato da Pino e Luca Maria Michienzi, con titolo provvisorio ASPRU MUNTI. 
Lo straordinario testo alvariano ottenne il riconoscimento del premio “La Stampa” nel 1931 e ha rappresentato e continua a rappresentare, tanto da influire ancora oggi sulle vicende letterarie nazionali, la Calabria ai suoi più alti livelli.
Scopo primario di questa elaborazione è appunto quello di far conoscere meglio uno dei più grandi autori del Novecento italiano ed europeo che da S. Luca, paesino aspromontano della Locride, tanto lustro ha dato all’Europa accendendo emozioni attraverso i suoi elevati messaggi.
La Locride non partorisce solo ‘ndrangheta!
In un momento di grandi sconvolgimenti dei valori umani, il Teatro Civile, indicatore di pace, fratellanza e rigeneratore delle menti, addita Corrado Alvaro l’autore che esprime uno degli aspetti più positivi di questa terra.
Mai come un questo momento la Calabria necessita di rappresentazioni di altissima fattura che, nel totale scompenso degenerativo, acquistano maggiore forza e consistenza accomunando il popolo in una sinergia vitale che gli è propria, con la volontà di superare barriere e confini ghettizzanti e di emarginazione.
Sarà il viaggio di un Alvaro autobiografico attraverso i luoghi della memoria, di uno spirito inquieto e sagace, che lo fa essere anche il più grande psicologo di questa terra.
Nessuno come lui l’ha capita, l’ha amata, l’ha criticata, l’ha descritta.
In un panorama culturale ritenuto significativamente povero, è giusto che le associazioni contribuiscano alla ricerca e alla rigenerazione dei valori morali, civili e umani, con l’ausilio del grande racconto e della grande poesia.
Perciò l’evento culturale diventa storia di costumi usi e tradizioni, dove letteratura e ricerca antropologica s’intersecano e si mescolano per non perdere la storia dei valori veri, dell’idioma, quella autoctona delle proprie radici. Perciò è ricerca della parola attiva trasmessa non solo come testimonianza di un popolo, ma come materia viva, pulsante, attraverso la mediazione del teatro che, attivando i suoi meccanismi,arricchisce la Storia di contenuti essenziali ed emotivi.

Antigone

Antigone

Antigone

regia Luca Maria Michienzi
coordinamento Artistico Pino Michienzi
scene e Costumi Anna Maria De Luca
costumi Anna Maria De Luca
musiche Amedeo Lobello
Soprano Giovanna Massara
fonico Nello Zangari

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Tredici ragazzi dell’I.T.C. “Grimaldi” di Catanzaro stravincono alla finalissima della Rassegna Nazionale “Grifo d’oro” di Partanna VII edizione, con “Antigone” di Sofocle aggiudicandosi tre premi.
Dopo una prima selezione che consentiva solo a 15 scuole su circa duecento provenienti da tutta Italia, di esibirsi in concorso tra aprile e maggio, l’Istituto Commerciale si posizionava tra i quattro finalisti.
Portano a casa il prestigioso Premio Speciale “Rocco Chinnici”, trofeo consegnato dallo stesso Presidente della Fondazione intestata all’illustre magistrato assassinato dalla mafia. Ancora, il I° Premio “Migliore Istituto Superiore” condiviso ex aequo con “Rugantino” del Liceo Scientifico di Leonforte. Infine, il Premio assoluto su tutti i lavori partecipanti, assegnato per “Migliore Scenografia e Costumi”. Tirando le somme, la scuola catanzarese risulta essere la più premiata tra tutte quelle intervenute.
Ricco bottino, dunque, per il “Grimaldi”, diretto dalla preside Annamaria Fedele che ha voluto affidare i suoi ragazzi agli esperti di teatro, Luca Maria Michienzi che ha curato la raffinata regia evidenziando il senso profondo della tragedia e l’attualissimo dualismo che pone tra leggi morali e leggi civili; Anna Maria De Luca che ha disegnato e preparato materialmente scene e costumi; e Pino Michienzi che ha adattato il testo insieme a Luca e ha coordinato il laboratorio.

Motivazione della Giuria

“… la rappresentazione dell’Antigone, grazie alla guida di un’accorta regia, ha saputo amalgamare in successione corale sapienti dialoghi con calibrate espressioni corporee, soffermandosi sulle sofferenze che l’individuo è costretto a superare a causa della irrazionalità delle passioni umane.”

NOTE DI REGIA

La lettura del dramma spinge proprio nella direzione dell’agire umano secondo quelle che Sofocle definisce “leggi non scritte” ovvero principi di rispetto e di pietà verso l’altro. Se sia cioè più importante adeguarsi alle leggi dello Stato o perseguire eroicamente un ideale etico e morale secondo l’arbitrio individuale che si fonde con l’ideale di fede verso principi di umanità e di pietas che il testo greco ci consegna come eredità del nostro vivere comune e civile. Ed è attraverso l’interpretazione dell’infinita discussione che i giovanissimi allievi del “Salesiano” di Soverato, alla loro primissima esperienza con il teatro, dimostrano le loro qualità umane e intellettive partecipando con curiosità ed entusiasmo alla preparazione di “Antigone”, convinti di abbracciare i valori profondi e i messaggi espressi nella tragedia sofoclea dando il meglio di loro stessi convinti della bontà del progetto teatrale.

Emblema di questa interpretazione è il commovente e drammatico epilogo realizzato scenicamente, in chiave originale e nuova: Creonte, che ha perso le cose più preziose cioè i suoi cari, morti per il suo “insensato decreto”, con al fianco i cadaveri di Antigone e di Emone, il più giovane dei suoi figli, scaraventa lontano da sé lo scettro reale e compie il rito funebre seppellendo con una manciata di terra entrambe le spoglie, proprio quel rito che era stato la contesa tra due fondamentali principi.

Sottolineano il rigore etico di questa versione di Antigone, oltre che l’esaltazione dei dialoghi e l’alto valore tecnico-artistico di pregevole fattura, anche il lavoro eseguito per scene e costumi da AnnaMaria De Luca, che inventa una scena di ampio respiro dove il trono di re Creonte, rosso, simbolo di un potere arrogante e sanguinario, grandeggia su una gradinata racchiusa tra possenti marmoree colonne. Si intrecciano qui, e nell’ampio cortile antistante, dialoghi e canti dei vari personaggi della vicenda, i cui costumi si allineano al rigore della scena e alla cui realizzazione ha partecipato un affiatato gruppo di allieve .

Coronano il tutto le belle musiche originali di Amedeo Lobello che molto bene si fondono con le parole sofoclee.

Pino Michienzi, infine, supervisore e coordinatore artistico, realizza una snella riduzione del testo, con una contaminazione in lingua calabrese in forma di ballata del personaggio della Guardia, che assume così un elegante e ricercato aspetto popolare.

 

Il Preside Prof. Antonio Ligato, il Direttore don Tobia Carotenuto e il Responsabile del Progetto prof. Saverio Candelieri, hanno fortemente creduto in questa idea avvicinando i loro studenti per la prima volta al Teatro, e soprattutto condividendo il concetto che questa esperienza sicuramente li arricchirà come individui e aprirà loro orizzonti nuovi ad una rilettura del modo di intendere la scuola, non solo cioè come luogo di formazione di competenze ma anche come spazio libero per l’affinamento della persona sotto il profilo più intimo, sensibile e creativo.

Luca Maria Michienzi

 

regista

‘U Vizzarru

‘U Vizzarru

‘U Vizzarru

Malottocento calabrese - La breve tragica storia del brigante Ciccio Moscato detto 'U Vizzarru e della baronessa Felicia De Santis.

regia Pino Michienzi
scene Anna Maria De Luca
costumi Anna Maria De Luca
musiche Silvano Spadaccino
orchestrazione Alfredo Paonessa

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La storia del brigante Francesco Moscato, detto ‘u Vizzarru, nato a Vazzano nel 1774, è la storia tragica e affascinante di uno dei più feroci capimassa calabresi. Di quest’uomo, passato alla storia come il più temerario e il più accanito antifrancese, fedele al Re borbone Ferdinando IV, si è scritto molto. Ma la leggenda del Vizzarro, ha trovato in Sharo Gambino, il più attento e il più storicamente credibile fra gli scrittori che a questo personaggio si sono avvicinati. Nel 1980 Pino Michienzi è il protagonista dello sceneggiato radiofonico scritto in 14 puntate da Gambino e trasmesso dalla RAI.

E proprio al romanzo di Gambino, Michienzi si è rifatto con un originale liberissimo adattamento, nel quale hanno trovato spazio anche le ballate, le serenate, le rumanze popolari musicate da Silvano Spadaccino che ci restituiscono, attraverso il filtro della favola, le terribili imprese del brigante.
La storia rappresentata è compresa tra il 1799 e il 1811, dalla cacciata dei Borboni all’insediamento dei francesi, dalla restaurata repubblica partenopea al ritorno di Giuseppe Napoleone e in seguito di Gioacchino Murat.

I baroni De Santis, grandi proprietari terrieri e seguaci del cardinale Ruffo, a quel tempo sostenitore del cattolicissimo Re, per non frazionare la proprietà, si erano opposti, per l’ennesima volta, al matrimonio della sorella Felicia con un tale Carlisano di Pìzzoni. Per ritorsione la donna, stanca dei continui soprusi dei fratelli, circuì un garzone al servizio della sua famiglia, appunto ‘u Vizzarru, e divenne la sua amante. Frutto di questa tresca fu un figlio, fatto sparire dai suoi familiari e della cui fine nessuno seppe niente. La storia che ne seguì, orribilmente sanguinosa, è anche una testimonianza importante di quel periodo storico quando le campagne calabresi erano infestate da briganti e manutengoli, a cui cercarono di mettere fine le leggi murattiane.

La baronessa Felicia morirà impazzita di dolore in un ospedale di Napoli, dopo che Vizzarro aveva concluso la sua vendetta con l’uccisione dei fratelli De Santis nella chiesa di Vazzano e a cui fece seguito la morte di un’altra figlioletta soffocata dall’amante, dovuta al timore di una rappresaglia dei francesi nei boschi di Monteleone. Lui, ‘u Vizzarru verrà ucciso, nel sonno, da una donna, Nicolina, che era divenuta in seguito sua amante.

La scelta di rappresentare questo testo, è motivata dal fatto che il Teatro del Carro, operante sul territorio da vent’anni, ha sempre voluto proporre autori e accadimenti di Calabria, per sostenere la propria identità culturale e non dissipare la memoria storica, che significa anche recupero dell’idioma puro, non contaminato da pseudo dialetti che, nel tempo, ne hanno deviato la natura, ricca, al contrario, di derivazioni greco-latine, di spagnolismi, di francesismi e dei più affascinanti fonemi arabo-normanni. Ed è questo, appunto, che il testo vuole esprimere, anche attraverso il recupero del dialetto attraverso le ballate, le serenate e le rumanze popolari, usate dai cantastorie, ultimi affascinanti menestrelli del Sud.

E’ la storia che contiene la fiaba, e la fiaba che contiene la civiltà del popolo e, quindi, la sua stessa storia.
Partendo da questi presupposti, si è ricreata un’atmosfera d’inizio Ottocento, con scena fissa, creata da Anna Maria De Luca, che ha curato anche i magnifici costumi con la collaborazione di Diego Verdegiglio, nella quale si possono leggere l’ambiente borghese di casa De Santis, circoscrivere quello militare del Presidio di Monteleone con le relative carceri e delimitare il bosco delle Serre, regno assoluto dell’imprendibile Vizzarro.
I dodici attori interpretano ventitre ruoli, trasformandosi, con grande destrezza, negli straordinari personaggi della vicenda.

Teatro, dunque, per conoscere meglio la propria terra? Certo! Proprio perché pretende, nei suoi contenuti, la possibilità di migliorare le condizioni del sapere e il sentimento civile.
Le scelte del Carro sono legate alla storia della terra, binomio inscindibile. Ed in questo serrato rapporto è d’obbligo l’inserimento del teatro popolare, inteso nella sua precisa accezione di teatro di cronaca e di avvenimenti, che è storia essenziale del popolo, non identificabile con la farsa dialettale, che condurrebbe a spettacoli da baraccone, sufficienti appena a soddisfare pruriti di vanità provinciale.

Crediamo che attraverso i canali della severa ed esperta pratica teatrale che esprimono la grande poesia, quando essi non sono contaminati da interessi di natura diversa, si possa accedere, senza retorica, nella giusta misura, pur se con molta fatica, alla condizione suprema dell’Arte.
Nell’estate 2003 Pino Michienzi scrive questo spettacolo teatrale, tratto liberamente dal romanzo Vizzarro di Sharo Gambino del quale era stato protagonista in 14 puntate radiofoniche trasmesse dalla Rai nel 1980. Lo spettacolo piace molto al pubblico e le critiche sono eccellenti. Le musiche sono di Silvano Spadaccino. La regia di Pino Michienzi.

Crediamo che attraverso i canali della severa ed esperta pratica teatrale che esprimono la grande poesia, quando essi non sono contaminati da interessi di natura diversa, si possa accedere, senza retorica, nella giusta misura, pur se con molta fatica, alla condizione suprema dell’Arte.
Nell’estate 2003 Pino Michienzi scrive questo spettacolo teatrale, tratto liberamente dal romanzo Vizzarro di Sharo Gambino del quale era stato protagonista in 14 puntate radiofoniche trasmesse dalla Rai nel 1980. Lo spettacolo piace molto al pubblico e le critiche sono eccellenti. Le musiche sono di Silvano Spadaccino. La regia di Pino Michienzi.

Lo spettacolo viene replicato per otto serate riscuotendo enorme successo di pubblico e di critica, evento che si verifica anche l’anno successivo, il 2004, con 9 applauditissime repliche.